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febbraio La coscienza Repubblicana della
storia La
coscienza storica del nostro Paese ha strati profondi e diversificati, spesso
completamente remoti. Se leggete Antonio Gramsci, nei sui scritti sul
“Risorgimento”, Mazzini era privo affatto di coscienza. Secondo Gramsci, ne
deteneva molta di più il conte di Cavour: “Se Mazzini, fosse stato Mazzini”,
scriveva Gramsci “lo Stato italiano sarebbe sorto su basi più moderne”. Ma
visto che Mazzini era solo un velleitario, ossessionato da fantasmi
religiosi, la rivoluzione democratica in Italia non poteva che abortire. Ha
dell’ incredibile che la cultura italiana abbia preso sul serio il pensiero
di Gramsci. Eppure Gramsci capisce Dante, e poco altro, nemmeno che il suo
partito gli stava scavando la fossa. Gramsci, legge i risultati della
rivoluzione italiana con quelli della rivoluzione sovietica. “La rivoluzione
italiana ha fallito”, “Mazzini ha fallito”, strepita, senza accorgersi che
nel 1848 la rivoluzione europea era stata sconfitta ovunque e solo Roma
combatteva ancora nel 1849. Surclassare il papato e la monarchia in un colpo
solo, questa fu la Repubblica romana. Sotto la pressione della piazza il papa
sarebbe fuggito dalla città di notte, travestito da cardinale, con paio di
occhiali dalle lenti verdi per nasconderne i lineamenti del volto. L’8
febbraio Mazzini entrava a capo scoperto dalla porta di piazza del Popolo.
Risalì a piedi il Corso fino al palazzo della Cancelleria. Tutti i
rivoluzionari europei erano già nascosti nelle cantine e Roma instaurava il
governo democratico. Accusato di giacobinismo, manteneva lo stesso principio
rivoluzionario per cui il potere deriva esclusivamente dal popolo. Come nel
giacobinismo, anche i giudici erano nominati dal governo. Dal giacobinismo,
la Repubblica romana aveva altresì mutuato il concetto di decadenza dei
governi, per cui “i consoli”, massimo tre anni, dovevano dimettersi. Quando
sarebbe stata elaborata la costituzione, i principi fondamentali sono gli
stessi della rivoluzione francese, “l’eguaglianza, la libertà e la
fratellanza” e con quelli il ripudio di tutto ciò che l’abate di Sieyès aveva
già definito degno del potere di una “casta”. Il punto controverso rispetto
alla rivoluzione francese fu il rispetto della religione. Mazzini aborriva il
processo di scristianizzazione avvenuto in Francia e non dovette mettere il
Terrore all’ordine del giorno. La Repubblica ebbe pochi nemici all’interno,
incapaci di contrastarla veramente. Ne ebbe invece tanti alle frontiere. Gli
austriaci, che non erano in grado di mobilitarsi in grandi forze, avendo
appena conquistato Novara. I piemontesi, che guardavano con fastidio e
disprezzo al governo popolare, ma Novara l’avevano persa. Solo i Borboni,
tentarono una sortita e Garibaldi con le forze repubblicane, la ridicolizzò
immediatamente, dimostrando che il re di Napoli era un buffone. Quello che
Roma non riuscì ad accettare fu che la Francia marciasse in armi contro la
Repubblica. Quali fossero state le illusioni del governo romano, non vi erano
le condizioni per reggere l’urto con le forze francesi, a meno di una guerra
casa per casa nella città. Roma fu sgomberata ed il governo repubblicano
estirpato. Il contraccolpo fu micidiale e le sue fila si incrinarono. Ci fu
chi delegittimerà Mazzini, come Orsini, chi passerà alla monarchia, Crispi,
chi ne divenne uno strumento, Garibaldi. Nel secolo successivo avemmo persino
personalità, Gramsci, intente a tessere le lodi del Conte di Cavour,
preoccupato in verità di estendere il regno sabaudo con un’operazione di
stile bismarkiano. Benedetto Croce sentenzierà persino che Marx fosse “più
attuale” di Mazzini, infatti l’Italia divenne fascista con il mugugno di
Croce. C’è una ragione delle difficoltà incontrate dalla democrazia a farsi
spazio nel secolo scorso. La Repubblica, affermatasi sulle macerie della
monarchia solo nel secondo dopo guerra, è inciampata più volte su se stessa
ed ancora oggi è destinata ad inciampare. E’ inevitabile quando l’unica
coscienza di cui disponeva, quella mazziniana, rimane incompresa denigrata e
minoritaria. Roma, 8
febbraio 2016 |
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