9 febbraio

La coscienza Repubblicana della storia

La coscienza storica del nostro Paese ha strati profondi e diversificati, spesso completamente remoti. Se leggete Antonio Gramsci, nei sui scritti sul “Risorgimento”, Mazzini era privo affatto di coscienza. Secondo Gramsci, ne deteneva molta di più il conte di Cavour: “Se Mazzini, fosse stato Mazzini”, scriveva Gramsci “lo Stato italiano sarebbe sorto su basi più moderne”. Ma visto che Mazzini era solo un velleitario, ossessionato da fantasmi religiosi, la rivoluzione democratica in Italia non poteva che abortire. Ha dell’ incredibile che la cultura italiana abbia preso sul serio il pensiero di Gramsci. Eppure Gramsci capisce Dante, e poco altro, nemmeno che il suo partito gli stava scavando la fossa. Gramsci, legge i risultati della rivoluzione italiana con quelli della rivoluzione sovietica. “La rivoluzione italiana ha fallito”, “Mazzini ha fallito”, strepita, senza accorgersi che nel 1848 la rivoluzione europea era stata sconfitta ovunque e solo Roma combatteva ancora nel 1849. Surclassare il papato e la monarchia in un colpo solo, questa fu la Repubblica romana. Sotto la pressione della piazza il papa sarebbe fuggito dalla città di notte, travestito da cardinale, con paio di occhiali dalle lenti verdi per nasconderne i lineamenti del volto. L’8 febbraio Mazzini entrava a capo scoperto dalla porta di piazza del Popolo. Risalì a piedi il Corso fino al palazzo della Cancelleria. Tutti i rivoluzionari europei erano già nascosti nelle cantine e Roma instaurava il governo democratico. Accusato di giacobinismo, manteneva lo stesso principio rivoluzionario per cui il potere deriva esclusivamente dal popolo. Come nel giacobinismo, anche i giudici erano nominati dal governo. Dal giacobinismo, la Repubblica romana aveva altresì mutuato il concetto di decadenza dei governi, per cui “i consoli”, massimo tre anni, dovevano dimettersi. Quando sarebbe stata elaborata la costituzione, i principi fondamentali sono gli stessi della rivoluzione francese, “l’eguaglianza, la libertà e la fratellanza” e con quelli il ripudio di tutto ciò che l’abate di Sieyès aveva già definito degno del potere di una “casta”. Il punto controverso rispetto alla rivoluzione francese fu il rispetto della religione. Mazzini aborriva il processo di scristianizzazione avvenuto in Francia e non dovette mettere il Terrore all’ordine del giorno. La Repubblica ebbe pochi nemici all’interno, incapaci di contrastarla veramente. Ne ebbe invece tanti alle frontiere. Gli austriaci, che non erano in grado di mobilitarsi in grandi forze, avendo appena conquistato Novara. I piemontesi, che guardavano con fastidio e disprezzo al governo popolare, ma Novara l’avevano persa. Solo i Borboni, tentarono una sortita e Garibaldi con le forze repubblicane, la ridicolizzò immediatamente, dimostrando che il re di Napoli era un buffone. Quello che Roma non riuscì ad accettare fu che la Francia marciasse in armi contro la Repubblica. Quali fossero state le illusioni del governo romano, non vi erano le condizioni per reggere l’urto con le forze francesi, a meno di una guerra casa per casa nella città. Roma fu sgomberata ed il governo repubblicano estirpato. Il contraccolpo fu micidiale e le sue fila si incrinarono. Ci fu chi delegittimerà Mazzini, come Orsini, chi passerà alla monarchia, Crispi, chi ne divenne uno strumento, Garibaldi. Nel secolo successivo avemmo persino personalità, Gramsci, intente a tessere le lodi del Conte di Cavour, preoccupato in verità di estendere il regno sabaudo con un’operazione di stile bismarkiano. Benedetto Croce sentenzierà persino che Marx fosse “più attuale” di Mazzini, infatti l’Italia divenne fascista con il mugugno di Croce. C’è una ragione delle difficoltà incontrate dalla democrazia a farsi spazio nel secolo scorso. La Repubblica, affermatasi sulle macerie della monarchia solo nel secondo dopo guerra, è inciampata più volte su se stessa ed ancora oggi è destinata ad inciampare. E’ inevitabile quando l’unica coscienza di cui disponeva, quella mazziniana, rimane incompresa denigrata e minoritaria.

Roma, 8 febbraio 2016